Fanfict partecipante al contest Fanfict Ranma Contest indetto da Topmanga.it
Un pallido sole illuminava la giornata sulle abitazioni
della zona. A casa Tendo tutto era tranquillo. Il bucato era steso nel cortile
interno e il laghetto era calmo e piatto, con l’unico pesce rosso all’interno
che guizzava di tanto in tanto, allegro e felice. Soun stava giocando a scacchi
con Nabiki che, annoiata, lo guardava di traverso, mentre Kasumi era
affaccendata nei soliti lavori di casa.
D’un tratto il campanello suonò e tutti si voltarono in
direzione dell’ingresso. La famiglia non pareva attendere visite, ma subito
Kasumi si avvicinò all’ingresso e, una volta aperta la porta, le venne
rilasciata una cartolina proveniente dalle Sorgenti Maledette di Jusenkyo.
La ragazza rimase interdetta un istante, osservando l’illustrazione
della cartolina.
Soun irruppe però tra i suoi pensieri, domandandole di cosa
si trattasse.
«Una cartolina, papà. » Rispose Kasumi, girandola sul retro
per capire chi l’aveva inviata.
La scritta era femminile ma non più di tanto aggraziata e
recitava le seguenti parole :
“Cari saluti dalle Sorgenti più famose della Cina!
Firmato : Akane, Ranma e P-chan.”
Kasumi sorrise dolcemente e portò la cartolina al padre e
alla sorella per farla visionare anche a loro. Subito Soun rammentò la partenza
della figlia, vestita con un lungo abito
da sposa tradizionale, in compagnia di Ranma che la osservava compiaciuto al
suo fianco.
Era passata una settimana, ormai e i due novelli sposi
avevano deciso di raggiungere le Sorgenti Maledette come viaggio di nozze per
trovare una soluzione una volta per tutte e non sarebbero tornati fino a che
non avrebbero dato una svolta decisiva alle loro vite.
Al villaggio di Jusenkyo erano presenti anche il padre e la
madre di Ranma che ormai avevano cancellato il passato e avevano deciso di
vivere insieme, aiutando il figlio (e lo stesso Genma Saotome), a trovare una
soluzione al problema dato dalle Sorgenti Maledette.
A insaputa di Akane, lo stesso problema doveva risolverlo
anche p-chan, ovvero Ryoga.
Nabiki sospirò e tornò a osservare il cielo annoiata. Soun
se ne accorse e le posò una mano sulla spalla dolcemente.
«Dimmi cara, cosa pensi? » le chiese cercando di essere più
gentile possibile.
La figlia lo guardò allibita un istante, poi sorrise, con la
sua solita freddezza. Si alzò dal pavimento su cui ormai era seduta da lungo
tempo e abbandonò la partita che aveva avviato con il padre.
«Vado a farmi un bagno…» rispose soltanto, senza aggiungere
altro.
Soun la seguì con lo sguardo cercando di capire cosa
l’avesse resa così inquieta e stranamente silenziosa, persa nei propri
pensieri. Si voltò quindi a osservare Kasumi, che parve osservare la sorella
nutrendo gli stessi suoi pensieri quindi le sorrise e si alzò anch’egli dal
pavimento per osservare la maggiore delle figlie negli occhi.
«Sono preoccupato per Nabiki. » ammise Soun cercando di
trovare la forza di sorridere.
«Cosa pensi che le sia preso?» chiese Kasumi, con la sua
solita voce pacata e tranquilla.
«Forse ha solo bisogno di viaggiare…»
«Dici che è annoiata?»
«Probabile che sia così. Dimmi Kasumi, ti andrebbe di
raggiungere Akane e Ranma insieme a Nabiki? Sono certo che vi farà bene
viaggiare un po’ e vedere posti nuovi…»
«Dici davvero, papà? E tu come farai mentre saremo via?»
domandò preoccupata la figlia.
«Sono un uomo vissuto, ormai, Kasumi. Posso farcela anche da
solo, non avere pensieri per me. Tu vai da tua sorella e prenditi una meritata
vacanza.» parve ordinarle con largo e amorevole sorriso.
«D’accordo, papà. Se è davvero questo che vuoi…»
Soun osservò la figlia con grande ammirazione. Era cresciuta
molto ormai e non gli parve giusto continuare a trattenerla sotto il proprio
tetto per farle fare da domestica. Era giunto il momento di arrangiarsi da
solo. Sua moglie era morta da tanto ormai, ma Kasumi non poteva continuare a
occuparsi di lui, della casa e di tutto quello che è compito di una moglie. Era
cresciuta troppo in fretta e l’aveva trattenuta già a lungo sotto una campana
di vetro.
Il giorno seguente, Kasumi e Nabiki erano già in piedi
all’alba, pronte con i bagagli da caricare sul taxi, in partenza verso il
villaggio di Jusenkyo per far visita alla sorella e al marito. Soun le osservò
con orgoglio, specialmente Kasumi e le raccomandò Nabiki, dicendole che
desiderava rivederla con un sorriso raggiante per quando sarebbero tornate a
casa. Kasumi lo promise con la sua solita dolcezza e Soun si tranquillizzò.
Partirono pochi istanti più tardi, entrambe con lo sguardo
deciso verso una nuova meta e una nuova avventura.
Akane stava riordinando il bucato, aiutando nelle
faccende Nodoka, la madre di Ranma,
mentre lui e Genma si allenavano come sempre ai lati delle pericolose Sorgenti
già da diverse ore.
Entrambi si sentivano come tornati ai vecchi tempi e
raramente si distraevano. Erano diventati molto bravi e le loro donne erano
orgogliose di loro.
«Dimmi Akane, come ti trovi lontana da casa? Sono già
diversi giorni che ti trovi qui, ormai.» volle informarsi Nodoka, sempre
gentile e disponibile con lei, come fu anche quando lei era semplicemente la fidanzata
di Ranma.
«Sono serena. Per la prima volta dopo tanto tempo, sono
davvero serena.» ammise Akane, che teneva i capelli raccolti in una coda dietro
la schiena. Finalmente li aveva di nuovo lunghi come piacevano a lei e poteva
acconciarli ancora una volta.
«Ranma è stato proprio fortunato.» sospirò Nodoka,
osservando il figlio con orgoglio mentre continuava a combattere con il padre a
qualche sorgente di distanza da loro.
«Signora Nodoka… grazie.» sorrise Akane, lievemente in
imbarazzo e con il cuore gonfio di felicità ora che aveva tutto ciò che le era
stato promesso da anni, un marito fedele e una vita serena, alla ricerca della
felicità completa.
Insiema alla signora Nodoka, Akane provò per la millesima
volta in vita sua a preparare un pranzo per lo meno decente. Ce la stava
mettendo tutta per diventare una moglie un minimo perfetta. Ma Ranma
ultimamente non sembrava più freddo e distante, anzi apprezzava molto i suoi
sforzi e il suo impegno nel fare il bucato, nel riordinare la casa e fare da
mangiare. Era diventato molto pacifico e gentile nei suoi confronti. Avevano
anche cominciato a condividere lo stesso letto la notte, ma ancora non l’aveva
sfiorata con un dito. Un po’ Akane si sentiva delusa per quell’atteggiamento
all’apparenza scostante, ma sapeva che Ranma era infondo molto timido e
prendere certe iniziative non era da lui, così decise che avrebbe atteso fino a
quando entrambi non si sarebbero sentiti davvero pronti per diventare un
tutt’uno.
Forse Ranma aspettava di diventare un uomo completo,
liberandosi così della maledizione, prima di donare ad Akane qualcosa di puro.
E lei, con quel pensiero, non poteva che sentirsi felice nonostante la lieve
frustrazione che un poco provava.
Era quasi ora di pranzo e le pietanze erano sparpagliate sulla
tavola imbandita. Gli insuccessi di Akane erano ben visibili anche a occhio
nudo, ma ugualmente erano stati posati insieme ai manicaretti di Nodoka. Genma
e Ranma entrarono pochi istanti più tardi e trovarono le loro mogli ad
attenderli, con il grembiule ancora addosso, sporco di ogni sorta di salsa.
Entrambi erano fieri delle loro donne e sorrisero dolcemente osservando quella
tavola piena di cibo, curato nei minimi particolari, solo per farli felici. E
loro erano davvero felici e appagati. Ranma osservò le pietanze bruciacchiate e
dalla strana forma e allungò una mano per servirsi. Akane lo fissò a bocca
aperta per l’emozione, in attesa di un verdetto.
Pochi istanti dopo, Ranma mandò giù in un sol boccone ciò
che aveva raccattato dal piatto e si voltò lentamente verso Akane. Dapprima il
volto era serio, ma poi le sorrise caldamente.
«Stai nettamente migliorando.» affermò con sincerità.
Akane lo fissò sbalordita e sentì il cuore scoppiarle di
gioia. Gli buttò le braccia al collo e lo ringraziò, lasciandolo spiazzato e,
imbarazzato, si grattò la guancia con l’indice della mancina.
In quel momento qualcuno aprì la porta con noncuranza e poco
dopo una voce allegra echeggiò nella stanza.
«Sorpresa! Siamo qui anche noi!» esordì Nabiki con un
sorriso sornione, pieno di sé.
Tutti si voltarono a osservare l’uscio, sbalorditi nel
vedere l’ingresso della secondogenita di casa Tendo, seguita da una graziosa
Kasumi che, chiedendo permesso con voce sottile, entrò a sua volta e si fermò
sull’uscio tenendo la propria valigia con due mani. Sorrideva dolcemente e per
nulla preoccupata dell’avvenenza di Nabiki, che ormai conosceva bene.
Akane si trovava ancora attaccata a Ranma, con le braccia
attorno al suo collo e osservavano entrambi la scena con occhi sbarrati. Anche
Genma non sapeva cosa dire. Fu Nodoka a rompere il silenzio e a fare da
perfetta padrona di casa.
«Nabiki, Kasumi, che piacere rivedervi!» disse, andando loro
incontro per abbracciarle teneramente. «Cosa vi ha portate fino a qui?»
«Nostro padre ha voluto regalarci una vacanza e ci ha
chiesto di venire a vedere di persona come se la cava nostra sorella.» rispose
Kasumi con la sua solita dolcezza.
«Beh, a quanto pare Akane non perde tempo…» affermò subito
dopo Nabiki, con un sorriso malizioso, notando che la sorella era ancora
avvinghiata a Ranma.
Subito i novelli sposi si sentirono al centro
dell’attenzione e, divenendo paonazzi, si allontanarono l’uno dall’altra
frettolosamente. Così Akane cominciò a sorridere senza motivo, invitando le
sorelle a unirsi alla tavolata senza fare complimenti, indicando qual’era il
cibo che aveva cucinato lei.
Nabiki, sprezzante come al solito, cominciò a denigrare la
sorella, osservando che il cibo cucinato da lei si sarebbe capito al volo anche
senza che le venisse indicato.
Cominciarono così a bisticciare nervosamente, mentre Kasumi
sorrideva con tenerezza alla vista delle due sorelle a detta sua nuovamente
affiatate e Nodoka l’aiutò con i bagagli.
Pochi minuti dopo erano tutti a tavola per pranzare con una
certa serenità e parlare di quello che significava il viaggio di Nabiki e
Kasumi fino alle Sorgenti Maledette.
«Come stai, Akane?» chiese Kasumi alla sorella minore quella sera,
mentre si trovavano a passeggiare sotto le stelle del piccolo villaggio
contornato da sorgenti di ogni tipo.
«Molto bene, grazie. Qui si respira aria buona e mi sto
dando da fare per essere una brava moglie per Ranma. Nodoka è molto gentile con
me e non mi manca niente.» ammise la giovane con aria sognante.
«Infatti mi sei sembrata molto serena, appena ti ho vista. E
Ranma come si comporta con te?»
«Come si comporta?» fece eco Akane, un poco imbarazzata per
la domanda. Poi sorrise e cercò una risposta adeguata. «Beh, è sempre gentile.
Molto più di quanto avrei mai creduto possibile.»
«Ne sono davvero felice.» sospirò serena Kasumi, per poi
voltarsi verso la sorella e prendere le mani tra le sue. «Akane, promettimi una
cosa. Qualunque problema dovesse insorgere tra voi, cerca di essere sempre la
stessa e di rispettare la vostra unione sacra. Come hanno fatto mamma e papà
quando si sono sposati. D’accordo?»
«Kasumi…»
Akane osservò la sorella negli occhi e, nonostante lei
sfoggiasse un tenero sorriso, il suo sguardo pareva risoluto e serio. Per la
prima volta riusciva a vedere in fondo al cuore di Kasumi, la sua maturità
interiore e il suo affetto profondo che le stava rivolgendo senza esitazioni.
E, soprattutto, comprese che Kasumi non aveva mai dimenticato la madre e la
felicità che sapeva irradiare solo stando al fianco del loro padre, quando era
ancora in vita ed erano una famiglia
unita.
Non le rimase che annuire, dunque, in risposta alla
richiesta di Kasumi e le strinse forte le mani per farle comprendere che era
sincera.
In quel momento, una stella scese silenziosa dal cielo con
una certa velocità, lasciando dietro sé una scia di sogni e speranze nel buio
della notte.
Il giorno seguente Kasumi era già all’opera per darsi da
fare di buon’ora, aiutando Nodoka nei lavori di casa e la madre di Ranma non
poté che dirsi soddisfatta per la dolcezza della figlia maggiore di Soun Tendo.
Genma e il figlio erano nuovamente in fase di allenamento
mattutino. Anche se quello avrebbe dovuto essere il loro viaggio di nozze,
Akane non nutriva nessun rancore per come si erano evolute le sorti della
vacanza e sperava in fondo al cuore che presto Ranma avrebbe trovato il modo di
tornare un ragazzo normale. Così, quella mattina, le tre donne di casa si
divisero i compiti, mentre Nabiki si addentrò nel villaggio delle sorgenti, in
cerca di qualcosa di divertente da fare.
Lungo una di queste sorgenti, trovò p-chan rannicchiato a
piangere, emettendo i suoi grugniti da porcellino d’india. Apparentemente
disinteressata, si avvicinò al piccolo animale e si chinò a osservarlo.
«Non sei un po’ cresciuto per piangere in questo modo?»
domandò nel suo tono freddo e vuoto, come pallido tentativo di consolare
l’animale, che altri non era che Ryoga.
Per tutta risposta il maialino grugnì e la osservò con occhi
inferociti, per poi girarsi dandole le spalle e continuare a disperarsi.
«Ma dai, non ti vergogni? Un maiale che piange?» lo schernì
ancora e, così facendo, si mise a ridere. La sua risata però non aveva nulla di
sincero. Non esisteva niente in realtà che la divertisse mai al punto di
ridere. E, dopo poco, smise di fingersi divertita, notando anche che P-chan
continuava a piangere senza ritegno. «Ho capito…» sospirò a quel punto Nabiki. «Sei
così perché Akane alla fine si è sposata con Ranma, giusto?»
La domanda risuonò a vuoto, ma non serviva ricevere
risposta, poiché entrambi sapevano bene che Ryoga non poteva avere null’altro
di cui disperarsi se non la perdita definitiva della ragazza che amava da
tempo.
Nabiki tornò a sospirare e, questa volta, il suo sguardo si
fece stranamente più serio, quasi pietoso nei riguardi di quel piccolo animale
che grugniva in un pianto disperato.
Fece così per allungare la mano, desiderosa solo di poterlo
accarezzare per infondergli forse un poco di coraggio, anche se non era mai
stata molto afferrata in questo genere di cose.
Era quasi ora di pranzo quando Kasumi cominciò a
preoccuparsi sul serio. Non vedeva Nabiki da quella mattina presto, mentre si
era messa a fare il bucato e a spazzare il cortiletto interno. Era uscita senza
nemmeno fare colazione e ancora non era tornata, nonostante fosse ormai
arrivato il momento di mettersi a tavola e lei non era una persona che faceva
complimenti.
Così decise di inoltrarsi lungo un sentiero che conduceva ad
altre sorgenti, cominciando a gridare il nome della sorella speranzosa di
ricevere risposta.
Nodoka e Akane la videro allontanarsi e, allarmate, decisero
di andare a chiamare Ranma e Genma che, nel frattempo, erano andati a
rilassarsi in un bagno termale.
Ma non fu grazie al richiamo delle due che Ranma e suo padre
avvertirono il pericolo, bensì a causa di un urlo caratteristico femminile.
Subito i due si guardarono sgomenti e, senza attendere oltre, uscirono dalla
vasca termale, pronti a raggiungere Akane e Nodoka per capire cosa stesse
succedendo.
Quando raggiunsero le due donne, videro che Nodoka era pietrificata,
mentre Akane gridava a Kasumi di scappare. In effetti, poco più distante, vi
era una situazione di pericolo. La maggiore delle figlie Tendo sembrava
braccata da una tigre che le impediva di muoversi.
Ranma e il padre compresero subito la gravità della
situazione e corsero incontro a Kasumi, attirando così anche l’attenzione della
grande tigre.
«Akane…dimmi che non è un sogno…quella è davvero una tigre
bianca?» domandò Nodoka, dopo essersi ripresa dallo sgomento iniziale.
«Non si preoccupi, Signora Nodoka. Ci sono Ranma e il Signor
Saotome ora…» rispose la ragazza, andando ad abbracciare la madre di Ranma che
stava visibilmente tremando.
Kasumi era ancora ferma con gli occhi sbarrati a fissare
quell’enorme tigre bianca, senza riuscire a muoversi forse per lo shock.
Genma fu il primo a raggiungerla e la prese per mano,
correndo così con lei in direzione inversa, per raggiungere Akane e Nodoka così
da metterla in salvo. Mentre Ranma rimase dinnanzi alla tigre, pronto a
fronteggiarla nel caso lei si fosse mostrata aggressiva.
Ma la tigre non si mosse e ruggì solo contro Ranma, che
cominciò ad avere un poco di timore, ma ugualmente non pensò a fuggire dalla
situazione. Continuò a fissarla con occhi carichi di tensione e decisione,
portandosi in posizione di attacco. Ma prima che potesse fare qualunque altra
mossa, alle sue orecchie giunse un grugnito a lui familiare. Guardò così tra le
zampe dell’animale e vide P-chan fare capolino da una delle zampe anteriori
della tigre.
Il piccolo porcellino si avvicinò a Ranma e cominciò a
grugnire più forte in preda all’agitazione, desideroso forse di dirgli qualcosa
che, al momento, lui non poteva capire. Quindi Ranma sospirò e si voltò verso
suo padre chiedendogli di portargli dell’acqua calda.
Pochi istanti più tardi, quando Akane, Kasumi e Nodoka erano
al sicuro in casa, P-chan prese di nuovo la forma di Ryoga e rivelò una cosa
inquietante a Ranma e Genma.
«Non fatele del male! So che può sembrarvi strano ma lei è
nostra amica!» gridò Ryoga prendendo per il colletto Ranma con foga.
«Hei, calmati. Che cosa stai farneticando?» chiese Ranma,
dandogli un pugno per liberarsi dalle sue grinfie e cercare di fargli rimettere
insieme le rotelle del cervello.
«Non sto vaneggiando. Mi dispiace dirvelo, ma questa tigre
la conoscete molto bene.»
«Di cosa stai parlando?» chiese a quel punto Genma.
«Se la bagnate con acqua calda, capirete…» rispose soltanto
Ryoga, stranamente mortificato.
Ranma e Genma lo guardarono perplessi, ma valeva la pena di
tentare. Così, anche se scettici, versarono l’acqua calda sulla tigre, attenti
a non farla innervosire e, in un batter d’occhio, dinnanzi a loro apparve
Nabiki bagnata come un pulcino.
Entrambi rimasero senza parole e con gli occhi fuori dalle
orbite.
«Che avete da guardarmi in quel modo?» chiese Nabiki, con
tono stizzito.
«Ma… ma Nabiki… che ti è successo?» chiese Genma alla
ragazza.
«Non lo so nemmeno. Chiedetelo a lui…» rispose Nabiki,
voltandosi con astio verso Ryoga.
«A te? Perché, tu che c’entri?» si stupì maggiormente Ranma.
«Ecco, vedi Ranma, il fatto è che… purtroppo non avevo
capito bene le sue intenzioni e così…»
«Di che parli? Potresti essere più preciso per favore?»
gridò Ranma, a quel punto.
«E va bene, ora vi racconto. Nabiki stava facendo una
passeggiata e ci siamo incontrati tra le sorgenti. Io ero lì per starmene per i
fatti miei e lei ha cominciato a deridermi e parlarmi con il suo solito tono
freddo e poi, a un certo punto, ha cercato di toccarmi. Pensavo volesse
prendermi in braccio o scherzare come al solito e io mi sono ribellato,
cominciando a graffiarla saltandole sul viso. Lei si è presa uno spavento e si
è sporta all’indietro cadendo in una sorgente. Per un attimo ho avuto timore
che fosse affogata ma dopo alcuni istanti è uscita con quelle sembianze…»
raccontò infine Ryoga, con le lacrime agli occhi.
«Che cosa?» Ranma era incredulo.
«Questo si che è un bel guaio…» disse Genma a quel punto. «Ancora
non abbiamo trovato il modo per rompere la maledizione. E come potremmo
spiegarlo a Soun?»
«Io non ci trovo nulla di così drastico. Voi siete tutti
degli animali eppure siete sopravvissuti fino a oggi senza problemi, no? Allora
lo farò anche io finché non troveremo una soluzione.» rispose Nabiki con la sua
solita freddezza calcolatrice.
«Possibile che ovunque tu vada debba combinare qualcosa?» si
infuriò a quel punto Ranma, picchiando Ryoga che già stava piagnucolando per i
fatti suoi.
«Inutile scaldarsi tanto, figliolo. Dobbiamo assolutamente
mantenere il segreto e fare finta di nulla. Soun non deve venire a conoscenza
di questa storia. Nabiki dovrà restare con noi, finché non avremo trovato una
soluzione.» rispose Genma, cercando di mantenersi serio.
Ranma sospirò e, anche se avrebbe tanto voluto dare una
lezione a Ryoga, sapeva che questo non sarebbe servito a cambiare le cose.
Doveva fare esattamente come aveva detto suo padre. Se avessero mantenuto il
silenzio, nessuno avrebbe mai saputo. Akane infondo era un po’ tonta. Dopo
tutto quel tempo ancora non aveva capito che P-chan altri non era che Ryoga.
Nodoka invece avrebbe anche potuto venire a conoscenza di quel segreto, che
tanto non se lo sarebbe fatto sfuggire di certo. Ma Kasumi forse avrebbe
trovato strano dover tornare a casa da sola senza Nabiki e spiegarlo a Soun
sarebbe potuto risultare ancora più complicato. Dovevano trovare qualcosa da
inventarsi per trattenere Nabiki alle Sorgenti Maledette senza che nessuno
potesse insospettirsi.
Mentre Ranma continuava a pensarci, Nabiki tornò a casa
insieme a Genma e subito fu accolta con tante domande da parte di Akane, ancora
sconvolta e anche arrabbiata con lei perché aveva messo in pericolo Kasumi,
anche se involontariamente. Nodoka invece volle informarsi su dove si fosse
cacciata quella tigre, trovando strano che una tigre della Siberia si trovasse
da quelle parti. E Genma, prendendola da una parte, le sussurrò la verità di
tutta la faccenda, in modo che la donna potesse comprendere meglio. E così fu,
anche se ne rimase sconvolta.
Akane e Kasumi, invece, rimasero all’oscuro di tutto e fu
meglio così. Mentre Ryoga tornò a vestire i panni del maialino e rincasò
assieme a un cupo e pensieroso Ranma.
Per tutta la settimana non venne più fuori l’argomento e
tutti cercarono di comportarsi come al solito.
Ma proprio quando venne il giorno della partenza per Kasumi
e Nabiki, una pioggia torrenziale aveva cominciato a scendere sin dalle prime
luci dell’alba e non pareva intenzionata a smettere. Per Kasumi non c’era
niente di male a partire ugualmente, ma se Nabiki si fosse bagnata con la
pioggia fredda, sarebbe diventata una tigre e alla fine il suo segreto sarebbe
stato svelato. Ranma era profondamente preoccupato che tutto sarebbe venuto a
galla.
Cercò così di fare il possibile affinché Kasumi e Nabiki
potessero rimanere ancora qualche giorno al villaggio di Jusenkyo, con la scusa
che avrebbero potuto mandare una cartolina a Soun in cui lo avvertivano che
tutto stava procedendo al meglio. E così fecero, con grande sollievo di Ranma.
Ma ad Akane quel comportamento da parte di Ranma non la
convinceva molto.
Lo vedeva spesso parlottare con Nabiki ed entrambi
sembravano avere uno sguardo serio.
Poco a poco nella mente della ragazza si fecero mille dubbi
e pensieri di ogni tipo, arrivando infine a pensare che i due potessero avere
dei segreti che nessuno doveva sapere. Forse avevano una relazione perché lei
non era riuscita ancora ad adempiere ai suoi doveri di moglie.
Quel pensiero la fece rabbrividire. Pensare a Ranma e a sua
sorella insieme la faceva stare male, ma nonostante questo, non aveva il
coraggio di domandare né a uno né all’altra cosa stessero nascondendo.
Eppure nessuno pareva essersi accorto di questo improvviso
cambiamento e delle continue sparizioni di Ranma e Nabiki per diverse ore della
giornata.
Akane era sconvolta e, una mattina, non riuscì più a
trattenersi, lasciandosi andare alle lacrime.
Nodoka se ne accorse e cercò di consolarla, preoccupata per
la ragazza, domandandole cosa le stesse accadendo.
Akane la trovava molto amorevole, come la madre che non
aveva mai potuto avere per sé e per questo si impose di sorridere e non farla
preoccupare più di tanto, ma ugualmente non riuscì a non pensare che in quel
momento Ranma e Nabiki erano insieme chissà dove, da soli.
Sentimentalmente fragile, alla fine si sfogò con Nodoka
esponendo i propri pensieri in proposito e la madre di Ranma comprese che, agli
occhi della ragazza, ignara di tutto, quella situazione poteva effettivamente
sembrare una cosa ambigua.
Nodoka sapeva che non poteva far altro che mantenere il
segreto di Nabiki, per questo cercò di consolarla dicendole che, dopo tutto il
tempo in cui Ranma era rimasto a casa Tendo, se si fosse accorto di provare
qualcosa per Nabiki, lo avrebbe fatto capire prima di sposarsi con lei e che,
per questo motivo, non avrebbe dovuto preoccuparsi di nulla.
Akane sembrò accettare quelle parole sagge e piene di
gentilezza, quindi poco a poco cominciò a calmarsi e, la sera, a cena, notò che
Ranma era comunque premuroso con lei come al solito, assaggiando sempre prima
le pietanze che lei cucinava e la riempiva di complimenti.
Si sentì effettivamente più tranquilla, ma ugualmente non
comprese il significato di quelle giornate che lui e Nabiki passavano insieme a
parlare in sordina come se dovessero mantenere un segreto solo loro.
Infine, giunse il momento in cui Kasumi e Nabiki dovevano
partire una volta per tutte e fare ritorno a casa. Akane cominciò a pensare
egoisticamente che in quel modo tutto sarebbe tornato a posto e avrebbe potuto
riavere suo marito per sé, ma quando vide Ranma preoccupato che rivolgeva degli
sguardi incerti a Nabiki, il cuore le si infranse nel petto.
«Kasumi, ascolta… ti andrebbe di tornare a casa senza
Nabiki?» chiese Ranma a quel punto, lasciando di stucco tutti con quella
proposta inattesa.
«Come dici?» Kasumi lo guardò stralunata, con i grandi occhi
castani che mostravano incredulità.
«Vedi, ho notato che Nabiki è un po’ annoiata dalla sua
vita… se potesse restare qui con noi ancora un poco, forse si troverebbe
meglio…» cercò di temporeggiare Ranma.
«Questo è impossibile!» si intromise la stessa Nabiki. «Non
ha importanza se mi annoio a casa mia, voglio tornarci!» disse con decisione.
«Non fare così…lo sai bene che lo dico per te…» rispose
Ranma sulla difensiva.
«Beh, io non ci vedo niente di male.» si intromise Genma. «Infondo
noi siamo stati per tanto tempo ospiti di casa Tendo. Ora possiamo fare
qualcosa noi per aiutare una di famiglia.»
«Ma, veramente…» Kasumi cercò di capire meglio la
situazione, però non aveva molte parole da aggiungere al riguardo. Le pareva
tutto molto strano.
«Ebbene, se Nabiki resta qui, sarò io ad andarmene!» decise
Akane, con sguardo furente.
Tutti si voltarono a guardarla e Nodoka fu l’unica a
comprendere come si doveva sentire in quel momento la povera ragazza, che aveva
certamente frainteso ogni cosa.
Akane però era risoluta e, anche se Ranma aveva cercato di
dissuaderla in ogni modo, comprese che ormai non c’era niente da fare. La stava
perdendo e non poteva dirle la verità.
A quel punto Nabiki trasse un profondo respiro e dichiarò la
verità a tutti i presenti.
«Lasciamo perdere tutto. Akane, tu non devi andartene da
qui.. Questa è la tua vita e il tuo posto è vicino a Ranma. Il problema sono io
che ho combinato un po’ di grattacapi a lui e al signor Saotome. Ebbene,
ricordate la tigre che avete visto quel giorno?» fece una pausa a quel punto,
per accertarsi di avere la completa attenzione di tutti. Quindi continuò. «Quella
tigre ero io. Mi dispiace.» ammise infine, per poi voltarsi e uscire
dall’abitazione.
Kasumi rimase senza parole. Mai si sarebbe immaginata che la
tigre che sembrava avesse cercato di assalirla, fosse in realtà la propria
sorella. Ranma, però, incurante dei pensieri di Kasumi, uscì a sua volta di
casa, correndo incontro a Nabiki.
Nodoka si avvicinò ad Akane, ancora incredula per quella
rivelazione e, posandole una mano sulla spalla, le sorrise.
«Cara, forse ora sarebbe più saggio che sia tu a stare
vicina a tua sorella.» le consigliò saggiamente la madre di Ranma.
Akane la osservò con sguardo incerto, poi annuì e, dopo aver
preso un profondo respiro, si diresse verso il punto in cui Nabiki si era
diretta, ovvero la sorgente in cui era caduta giorni prima.
Ranma era già arrivato prima di lei, ma con grande sorpresa
di Akane non si era ancora avvicinato a Nabiki, bensì era rimasto in disparte
forse nel tentativo di cercare le parole adatte.
Akane sospirò e, con piccoli passi, raggiunse Ranma
rivolgendogli un sorriso rassicurante prima di voltargli le spalle per
avvicinarsi così a sua sorella.
«Nabiki…» sussurrò Akane, affiancando la sorella che stava
osservando la limpida sorgente che si fletteva sotto i suoi occhi.
«Sai cosa mi piace di tutta questa storia? Che ora
finalmente posso fare soldi!» sorrise Nabiki, cominciando un discorso che
pareva tutt’altro che quello a cui era preparata Akane.
«Cosa stai dicendo?»
«Sono una tigre, ora. Se mi bagno con l’acqua fredda mi
trasformo. Non pensi che una cosa del genere possa farmi fare soldi?» chiese,
voltandosi verso la sorella con sguardo apparentemente divertito.
«Non dirai sul serio, spero! Non credo ci sia tanto da
scherzare su queste cose…» si spazientì Akane, dopo aver ascoltato i discorsi
superficiali di Nabiki.
«Invece non ci trovo nulla di male. Pensa, potrei finalmente
far arricchire nostro padre e potremmo vivere sempre felici e contenti, pieni
di soldi!»
«Avanti, Nabiki. Ora smettila di scherzare!»
«Sai Akane…tu ora non hai più bisogno di niente. Sei sposata
e stai vivendo spensierata la tua luna di miele con un ragazzo che ti porta
rispetto. Anche se questo luogo è pericoloso, molte ragazze ora vorrebbero
trovarsi al tuo posto…»
«Come?» Akane fissò sua sorella senza più capire se stesse
parlando seriamente o meno.
«Forse non serve avere ricchezze o denaro per essere
realmente felici. Eppure io non credevo possibile che fosse proprio così,
pensando che solo il denaro avrebbe reso l’uomo davvero felice, perché solo
così avrebbe potuto avere tutto.»
«Non mi starai dicendo che tu… sei invidiosa…»
«Strano, vero? Eppure credo proprio di esserlo.» ammise
Nabiki con un sorriso completamente diverso da quello suo solito. Non sembrava
che stesse scherzando.
«Ma tu non dovresti invidiarmi di nulla. Hai sempre avuto
tutto quello che ti serviva. Hai perfino potuto conoscere la mamma! Di certo te
la ricorderai meglio di quanto me la ricordi io… e papà ti ha sempre viziata,
preoccupandosi molto di te quando ti vedeva isolarti dagli altri. Ha sempre
cercato di renderti felice senza farti mancare nulla.»
«Hai ragione. Papà e Kasumi sono sempre stati buoni con me…»
sospirò Nabiki.
«Allora cos’è che ti manca, Nabiki?»
«La verità è che non lo so… forse ho solo bisogno di credere
in qualcosa. Forse ho solo bisogno di vivere qualche avventura, di sentirmi
ogni tanto al centro dell’attenzione e di avere qualcosa di piacevole da
ricordare. E ora… posso trasformarmi in una tigre!»
«Non capisco cosa ci trovi di così eccitante in una simile
disgrazia.»
«Akane, sii sincera. Se Ranma non fosse stato quello che è,
ovvero un ragazzo solo per metà, e non ti avesse coinvolta in mille e più
avventure bizzarre… ti saresti mai innamorata di lui?»
Akane fissò sua sorella con sguardo incredulo. Quella
domanda l’aveva spiazzata e, in effetti, non riusciva a trovare una risposta.
Poi vide Nabiki sorridere e allora comprese. Quella domanda non aveva bisogno
di risposte, poiché con quel silenzio, Akane aveva fatto capire molto bene
qual’era la realtà. Si era innamorata di Ranma proprio per tutto quello che lui
rappresentava. Dunque, finalmente, le fu chiaro capire dove volesse arrivare
Nabiki con quel discorso. Aveva bisogno di sentirsi apprezzata e vivere anche
lei ogni tanto un’avventura, qualcosa di diverso, qualcosa che non potesse
essere all’ordinaria quotidianità.
Nabiki era annoiata di quella che era la sua vita. Ma ora,
per uno strano scherzo del destino, lei poteva trasformarsi in una tigre siberiana
bellissima e temibile. Anche lei ora poteva vivere qualcosa di bizzarro e fuori
dall’ordinario. Forse non si sarebbe più annoiata.
Ranma rimase in disparte per tutto il tempo, lasciando la
giusta privacy alle due sorelle.
Infine, Akane si avvicinò a lui dicendogli che era il caso
di lasciare Nabiki da sola per un po’ e così si allontanarono insieme. Poi,
Ranma affrontò il discorso apertamente con Akane, chiedendole come mai si era
decisa a partire al posto di Nabiki, quando lui aveva proposto di trattenerla
al villaggio.
Fu colta alla sprovvista la giovane e subito divenne
paonazza, cominciando a balbettare parole incomprensibili, nel tentativo di
formulare un discorso di senso compiuto. Eppure non vi riuscì e Ranma, da
tenero e comprensivo com’era stato fino a quel momento, divenne irascibile,
scatenando anche il carattere focoso di Akane e finirono così per bisticciare
come al solito.
Kasumi, invece, dovette ripartire immediatamente per fare
ritorno a casa, preoccupata anche per la salute di Soun, temendo che lui,
rimasto solo troppo a lungo, avesse mandato in malora la casa.
Salutò Nodoka e Genma affidando loro le cure di Nabiki, con
la promessa che avrebbe di sicuro trovato una scusa plausibile per spiegare
l’assenza della sorella al proprio rientro.
Fu così che Nabiki rimase alle Sorgenti Maledette in cerca
di una soluzione insieme a Ranma, Akane, Nodoka, Genma e Ryoga, ma chiaramente
molto più contenta ora della sua nuova vita in cui poteva trasformarsi in
gigantesco felino.